dramma

Scrivere un testo teatrale su Maria e Ida Pascoli è stata, prima di tutto, una sfida accettata e portata avanti fra tanti dubbi e problemi che riguardavano da una parte la struttura stessa della composizione drammatica, dall’altra capire quale senso, nuovo o altro, poteva avere dopo quanto è stato scritto, detto, alluso su Giovanni Pascoli e sul quel particolare ménage à trois che ha visto i tre fratelli e sorelle convivere amorosamente per anni nella stessa casa fino al matrimonio di Ida, e poi Maria e Giovanni da soli fino alla morte del poeta. Nessun interesse mi spingeva ad un lavoro drammaturgico in questa direzione; nel monumentale libro scritto da Maria, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, c’era già tutto: amori e morte, episodi minuti ed eventi grandiosi, incontri effimeri e colloqui con uomini straordinari, una ricchezza di aneddoti accecante, una storia con un unico personaggio imponente e per tanti versi inquietante, tenuto insieme da un solo punto di vista, quello di Maria, che ogni cosa mette in ordine e regola secondo il suo comune e arguto sentire. Ma, ad un certo punto, seppure affascinato dalle suggestioni presenti in quell’infinito racconto, ho trovato all’improvviso uno “spazio drammaturgico” libero, aperto: in quel tempo di nessuno quando, distrutto in un incendio il primo manoscritto di Lungo la vita… Maria decide di riscrivere tutto da capo il libro a cui aveva dedicato la sua vita. Ed è proprio questo preciso momento, particolare ed eccezionale, della sua esistenza che, da un punto di vista strettamente teatrale e drammaturgico, mi ha completamente catturato e sedotto: quel vuoto, quell’assenza di memorie era lì pronto, disponibile ad essere riempito di parole nuove, certamente mai pronunciate, ma possibili e vere perché scaturite, seppur diverse, da quella stessa fonte che, per prima, le stava generando.

Maria Pascoli
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